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Sull'Italia | Io non me ne vado

Qualche mese fa ho scritto un post su come ho finalmente imparato ad andare fiera di essere italiana. Dopo tanti anni passati a detestare il mio Paese, ciò che ha reso possibile questa piccola rivoluzione è stato essenzialmente un cambio di prospettiva. Viaggiare mi ha fatto capire che ogni Paese ha pregi e difetti e che la perfezione, che in molti pensano di trovare appena al di là dei confini italiani, non esiste. Soprattutto, ho capito che, se anche decidessi di andarmene, non smetterei di essere italiana. Potrei imparare a mimetizzarmi tra la folla, comportarmi come una tedesca, un'australiana o una canadese, ma sotto sotto rimarrei pur sempre italiana e permarrebbero comunque certi atteggiamenti o modi di pensare che mi ha tramandato il mio Paese e che semplicemente non si possono eliminare stracciando un passaporto. Questo è un dato di fatto.

Parlando con un amico di Novosibirsk (Russia), sono rimasta stupita quando ho scoperto che in casa sua l'acqua calda arriva si e no cinque o sei ore al giorno, che ogni tanto manca l'elettricità e che gli inverni a -25° sono lunghi e difficili. Gli ho chiesto come riesca a vivere così, se non preferirebbe scappare alla ricerca di condizioni migliori. Lui mi ha risposto: "Non so, questa è casa mia e perciò mi piace, che senso avrebbe andare da qualche altra parte?"È una cosa che mi è rimasta impressa. Mi sono chiesta, perché io, che ho l'acqua calda, l'elettricità e tutto l'essenziale per vivere tranquilla, non posso volere altrettanto bene alla mia casa?

Ho smesso di lamentarmi e ho iniziato a guardare con occhi diversi quello che ho attorno. La politica italiana non funziona, è vero, e più studio scienze politiche più me ne rendo conto. Ma un Paese non è la sua classe dirigente, né le decisioni che essa prende. Oh sì, i signorotti in Parlamento di colpe ne hanno tante e sono la prima ad arrabbiarsi con loro e con i loro modi di fare, con le tante chiacchiere insensate e le troppe promesse mai mantenute. Però l'Italia è di più e gli italiani stessi sono molto di più. Siamo gli eredi di una storia lunga e bellissima, di una cultura densa e profonda e possiamo vantare capolavori artistici e architettonici ineguagliabili. Ma non solo: abbiamo tradizioni, modi di pensare e di agire intrinsecamente italiani, che andrebbero celebrati e protetti e non oscurati dalla solita, noiosa voglia di omologazione a modelli importati dall'estero. So che è un discorso detto e ridetto, ma non finisco mai di stupirmi del modo in cui la gente, biecamente, si ostina a pensare che all'estero si stia meglio. Perciò sfatiamo alcuni miti, dai:

  1. "Negli Stati Uniti è tutto perfetto": conosco gli Stati Uniti abbastanza bene da poter dire che la vita negli USA sia effettivamente più semplice, ma solo sotto certi punti di vista. Sì, c'è meno burocrazia, meno impicci, probabilmente alcune cose costano meno. Ma poi ti ritrovi a dover ipotecare la casa per poterti permettere l'assicurazione sanitaria (vorrei dire che è un'iperbole, ma sappiamo tutti che la realtà non è molto dissimile), perché altrimenti un banale ricovero rischia di costarti 30.000$, se non di più. E ti ritrovi pure a dover aprire un mutuo per poter studiare, perché un posto in un'università decente costa il triplo che qui. Per non parlare dell'etica americana, estremamente competitiva, spesso aggressiva e vendicativa, della loro mania per le armi e le loro mille fobie. (Poi, per carità, nessuno nega che sia un Paese bellissimo, io stessa ci torno quasi ogni anno)
  2. "In Scandinavia è tutto perfetto": i Paesi nordici hanno chiaramente una marcia in più e questo non lo si può negare. Università gratuite, servizi efficienti, parrebbe davvero tutto perfetto. Io stessa, quando sognavo di andarmene dall'Italia, ero stata attratta dall'opzione Norvegia, ma quando l'estate scorsa ho avuto modo di visitarne una parte ho scoperto, con mia grande sorpresa, che non è tutto rose e fiori. Già, nemmeno lì. Il sistema stradale è a dir poco ridicolo e l'idea di impiegare 7 ore per fare 400 chilometri pare tutt'altro che allettante. Per quello che ne so, i trasporti pubblici non sono a buon mercato. Non essendo parte dell'Unione Europea, i costi di importazione di determinati prodotti sono piuttosto elevati e questo condiziona soprattutto la scelta alimentare. Ah, anche loro pagano una tassa per il semplice fatto di possedere un televisore. 
  3. Volevo dedicare il terzo punto alla Germania, ma mi basta dirvi questo: sapete che i bagni negli autogrill si pagano? Tra 50 e 70 centesimi. E non pensiate che, così facendo, si preoccupano di tenerli più puliti che qui: ho attraversato il Paese per intero ben due volte e spesso e volentieri l'igiene era equiparabile a quanto trovo solitamente sulla Modena-Brennero (dove almeno non pago). Mi pare ovvio dubitare della superiorità del popolo tedesco, adesso. (Si scherza, ovviamente) 
  4. "Trasferiamoci tutti in Qatar!": lo sapete, vero, che per lasciare il paese avrete bisogno di un permesso? 


Ad ogni modo, tutto questo è per dire che, così come noi abbiamo i nostri problemi, loro hanno i loro. Da quando ho messo le cose nella giusta prospettiva, ho deciso di farla finita con questo sterile pessimismo. Così, adesso, quando alla tv sento "La maggior parte degli italiani vuole andarsene dall'Italia" mi sale la tristezza, che poi si trasforma in una rabbia sottile. Ben venga chi riesce a migliorare la propria vita, che sia qui o all'estero. Ma troppo spesso le lamentele provengono da gente che non ha nemmeno il coraggio di provarci, ad andare via. Quello che voglio dire è: pensi di poter stare meglio altrove? Allora vai! Ma se decidi di restare qui, è ora di smettere di vedere tutto nero e di parlare, parlare, parlare a vanvera. Bisogna darsi da fare. I problemi ci sono e l'unico modo per risolverli è rimboccandosi le maniche, prendendo coscienza di ciò che abbiamo da salvaguardare. E lavorare. Per questo motivo, a chi mi propina le statistiche che dicono che otto giovani su dieci pensano che per avere futuro debbano andare all'estero, io rispondo di essere una di quei due che invece vuole rimanere. Provare a farcela qui. Perché, dopotutto, è casa mia.


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